Abstract: Il contributo si propone di delineare la disciplina inerente all’esercizio della professione di Agente sportivo in forma societaria. Partendo dalla disamina della normativa di settore succedutasi nel tempo, l’approfondimento si concentrerà sull’analisi degli specifici requisiti dettati dagli attuali Regolamenti Agenti CONI e FIGC (anche alla luce dell’interpretazione autentica fornita, su alcuni di essi, dallo stesso legislatore sportivo) nonché sulla più recente giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI in tema di composizione del relativo capitale sociale. La trattazione si pone l’obiettivo di combinare i profili normativi con i conseguenti risvolti pratici.
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Sommario: 1. L’evoluzione della normativa nel tempo – 2. La disciplina attuale – 3. La decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 15/2020 – 4. Le F.A.Q. del CONI e i profili di responsabilità disciplinare – 5. Conclusioni
- L’evoluzione della normativa nel tempo
Tanto il Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, quanto il Regolamento Agenti Sportivi FIGC – nelle versioni attualmente in vigore – consentono agli Agenti Sportivi la possibilità di organizzare la propria attività, oltre che in forma individuale, anche in quella societaria, costituendo cioè enti ad hoc nel rispetto di precise disposizioni.
Occorre premettere che la facoltà di utilizzare una società per lo svolgimento della professione era già prevista dalle precedenti normative di settore, le quali, tuttavia, hanno dettato, nel tempo, una disciplina sensibilmente diversa da quella attuale.
Durante la vigenza del Regolamento Agenti FIGC del 2011, in particolare, benché l’attività in questione potesse essere svolta “… solo da persone fisiche che abbiano ottenuto la Licenza …”, al professionista era concesso di “… organizzare la propria attività imprenditorialmente, attribuendo ad una società, costituita ai sensi della legislazione civilistica vigente, i diritti economici derivanti dagli incarichi …” (art. 4.2).
Ne conseguiva, pertanto, che la titolarità della relazione contrattuale cliente/Procuratore Sportivo era necessariamente in capo alla persona fisica di quest’ultimo, restando alla società da costui partecipata soltanto il diritto di conseguire il corrispettivo derivante dalle prestazioni rese in esecuzione di tale incarico.
In termini pratici, le conseguenze di questa “soggettività limitata” dell’ente si traducevano – in ipotesi di recesso del socio o di scioglimento della società – nella possibilità del Procuratore Sportivo persona fisica di mantenere impregiudicato il rapporto negoziale concluso su base personale con il cliente, sottraendo così alla società ogni prerogativa su detto legame successiva alla risoluzione del vincolo sociale.
Un netto cambio di rotta si è registrato a partire dall’introduzione del Regolamento per i servizi di Procuratore Sportivo FIGC del 2015, il quale – seppur in modo sbrigativo e in via quasi incidentale – ha affermato che “Se il Procuratore Sportivo agisce attraverso una persona giuridica o una società di persone, o altro ente associativo, deve richiedere l’iscrizione anche della società depositando la Dichiarazione delle Persone Giuridiche con la richiesta di iscrizione nel Registro di tutte le persone fisiche che ne hanno la legale rappresentanza o che prestano i loro servizi di Procuratore Sportivo per il tramite di essa, e indicando, altresì, le generalità di coloro che abbiano partecipazioni societarie a qualsiasi titolo” (art. 4.4).
A partire da tale momento, si è quindi riconosciuta la possibilità di rendere i servizi tipici dell’Agente Sportivo anche mediante un ente collettivo, ossia consolidando direttamente in capo a quest’ultimo il rapporto con il cliente e, conseguentemente, l’intera gamma di diritti e obblighi nascenti dal relativo mandato.
- La disciplina attuale
La disciplina introdotta con la riforma del 2018 e successive modifiche e integrazioni (e qui in commento) recepisce tale impostazione intervenendo a regolare la fattispecie in modo più dettagliato e stringente.
Al riguardo, l’art. 19 comma 1 (secondo paragrafo) dell’odierno Regolamento CONI, pur prevedendo che l’attività possa essere esercitata solo da persone fisiche in possesso del relativo titolo abilitativo, chiarisce che “L’agente ha tuttavia la facoltà di organizzare la propria attività imprenditorialmente, attraverso la costituzione di una società di persone o di capitali, ai sensi della normativa vigente”.
Dall’analisi di tale formulazione normativa è quindi possibile desumere che se, da un lato, è riconosciuta una “piena soggettività sportiva” della società (con ciò intendendosi la possibilità della stessa di intestarsi direttamente il mandato del calciatore e/o del club), dall’altro lato, l’ente può svolgere l’attività prevista dai Regolamenti Sportivi solamente per il tramite di soggetti abilitati su base personale.
Per altro verso ancora, si sottolinea che – a differenza del passato – il legislatore sportivo ha inteso limitare la scelta della forma giuridica alle sole ipotesi di società di persone (di natura commerciale) e società di capitali.
Ciò chiarito, il successivo comma 2 del citato art. 19 del Regolamento CONI precisa le condizioni che la società è chiamata a rispettare per poter validamente accreditarsi in seno all’Ordinamento Sportivo. Nello specifico viene evidenziato che: “a) l’oggetto sociale deve essere costituito dall’attività disciplinata dal presente Regolamento ed eventuali attività ad essa connesse e o strumentali; b) i soci agenti sportivi devono possedere direttamente la maggioranza assoluta del capitale sociale; c) la rappresentanza e i poteri di gestione devono essere conferiti esclusivamente ad agenti sportivi abilitati a svolgere l’attività in conformità a quanto previsto dal presente Regolamento; d) ad eventuali altri soggetti privi di titolo abilitativo non possono essere conferiti poteri di rappresentanza o di gestione ed essi non possono comunque svolgere attività anche indirettamente assimilabili a quelle dell’agente sportivo; e) i soci non devono possedere, in via diretta o mediata, partecipazione in altre società aventi analogo oggetto sociale”.
In senso pressoché analogo, anche l’art. 5.2 (primo paragrafo) del Regolamento Agenti FIGC prevede che “L’esercizio dell’attività di Agente Sportivo può avvenire anche per il tramite di una persona giuridica” (rectius di una società).
La medesima normativa federale (art. 5.2 comma 3 lett. d), inoltre, contribuisce ad integrare la disciplina della fattispecie in esame chiarendo che l’ente può avere sede “nel territorio dell’Unione Europea” e che “nessuno dei soci deve essere legato da rapporto di coniugio, di parentela o di affinità fino al secondo grado, con soci o con soggetti comunque aventi un’influenza su società di calcio italiane o estere”.
Di massima importanza, infine, è la precisazione – contemplata tanto in ambito CONI, quanto a livello di FIGC – secondo cui “I soci privi di titolo abilitativo possono svolgere esclusivamente mansioni amministrative di collaborazione, indipendentemente se in forza di un contratto di lavoro da dipendente o di un accordo di collaborazione occasionale …” (art. 19 comma 4 Reg. CONI; analogamente art. 5.2, lett. g) Registro Agenti FIGC).
Nella sostanza, la disciplina delle società di Agenti è quindi concepita in modo tale da limitare la partecipazione nelle stesse di soggetti non abilitati su base personale al mero apporto (minoritario) di capitale e/o allo svolgimento di funzioni “amministrative”, aspetto quest’ultimo la cui vaghezza pone non pochi problemi. È infatti opportuno chiedersi se, ad esempio, l’attività di “scouting” possa o meno rientrare tra quelle esercitabili da soci/dipendenti/collaboratori non Agenti. Benché si tratti di un servizio astrattamente propedeutico all’espletamento della prestazione tipica del Procuratore Sportivo, la non diretta riconducibilità dello stesso nel novero delle specifiche attività testualmente previste dai Regolamenti Sportivi in esame dovrebbe far propendere per una risposta affermativa.
Per ciò che poi attiene all’iscrizione del soggetto giuridico così costituito, la stessa dovrà essere richiesta in prima battuta alla FIGC mediante deposito telematico del modulo denominato “dichiarazione delle persone giuridiche”, unitamente alla copia dell’atto costitutivo e dello statuto della società. Peraltro, ai sensi dell’art. 5.2 comma 3 lett. h) del Regolamento FIGC, anche per l’iscrizione dell’ente è richiesto, in aggiunta a quello già versato dai soci Agenti persone fisiche, un contributo annuale di € 500 a titolo di diritti di segreteria.
Ottenuta l’iscrizione federale, l’ente dovrà successivamente richiedere l’accreditamento anche presso il Registro Nazionale del CONI.
Sia il Registro Federale (FIGC) che quello Nazionale (CONI) prevedono al loro interno un apposito Elenco delle società autorizzate ad operare in seno all’Ordinamento Sportivo.
- La decisione del Collegio di Garanzia del CONI n. 15/2020
Tanto premesso sul piano strettamente normativo, per comprendere i risvolti applicativi della fattispecie in questione è utile soffermarsi su una prima e rilevante Decisione resa dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI (la n. 15 del 4 marzo 2020).
La controversia trae origine da un ricorso presentato da una società di diritto spagnolo, la quale – dopo essersi validamente registrata in ambito FIGC – si è vista opporre dal CONI il diniego all’iscrizione nel relativo Registro Nazionale per mancata soddisfazione di tutti i requisiti costitutivi sanciti dal predetto art. 19 del Regolamento Agenti Sportivi CONI.
A supporto delle proprie doglianze, la ricorrente ha eccepito, in primis, l’assenza, in capo al CONI, di qualsivoglia autonomo potere discrezionale sulla propria domanda di iscrizione, “attesa l’esclusiva competenza della FIGC a valutare l’equipollenza del titolo abilitativo rilasciato in altro Paese”. In secondo luogo, ha lamentato – per un verso – la contrarietà della delibera impugnata ai Regolamenti Agenti CONI e FIGC (oltre che al DPCM del 23.3.2018, istitutivo del Registro Nazionale Agenti Sportivi) e – per altro verso – la non conformità delle menzionate disposizioni alla normativa di derivazione comunitaria, con particolare riguardo ai principi di libera circolazione, diritto di stabilimento e tutela della concorrenza contenuti nei relativi Trattati.
Benché la fattispecie sembri (solo apparentemente) riproporre le medesime problematiche già sottoposte al vaglio del Collegio da un Agente “spagnolo” persona fisica che, dopo essersi iscritto presso la sezione Agenti stabiliti FIGC, non aveva conseguito l’omologo accreditamento in ambito CONI (cfr. Decisione n. 7/2020), il Collegio di Garanzia dello Sport, rigettando il ricorso in analisi, è stato chiaro nel rilevare la diversità di questioni sottese alle due fattispecie.
Al riguardo, occorre dar conto che, a fondamento della propria decisione, il Collegio ha innanzitutto posto la tardività del ricorso e, conseguentemente, la sua inammissibilità ai sensi dell’art. 59 comma 1 del c.g.s. CONI, dal momento che lo stesso era stato proposto oltre il termine di 30 giorni dalla pubblicazione del Regolamento Agenti Sportivi CONI, il quale “rappresenta, un indispensabile atto presupposto rispetto all’emanazione della [impugnata] delibera ad opera della Commissione CONI degli Agenti Sportivi”.
Nonostante il carattere assorbente di quanto precede, il giudicante, “per completezza di trattazione”, è comunque entrato nel merito della questione sancendo, altresì, l’infondatezza delle doglianze dell’istante.
Ciò che sul punto rileva, secondo il Collegio, non concerne il riparto di poteri e competenze esistente fra FIGC e CONI “in ordine alla verifica della sussistenza del titolo abilitativo per svolgere l’attività di Agente”, quanto invece la non conformità della composizione del capitale sociale della ricorrente al dettato dell’art. 19 comma 2 del Regolamento CONI in relazione al quale la Commissione Agenti CONI ha un preciso onere di “operare un oggettivo, e doveroso, controllo sui requisiti richiesti ex ante da una norma di portata inderogabile, come concernenti la struttura societaria idonea allo svolgimento della descritta attività”.
La compagine ricorrente, infatti, risultava partecipata solo al 25% da un Agente Sportivo persona fisica (abilitato a svolgere la professione in Italia in quanto Agente stabilito), mentre, per il rimanente 75%, il capitale sociale era posseduto da un’altra persona giuridica.
Peraltro, secondo il Collegio, la ratio della citata disposizione (la quale prevede che la maggioranza del capitale sociale sia direttamente riferibile a soci Agenti abilitati) consiste nel garantire – in analogia con la disciplina che regolamenta le società fra professionisti (quali, a titolo esemplificativo, gli avvocati) – che “l’esercizio in forma societaria di una professione c.d. protetta non si concretizzi in un inaccettabile snaturamento della prestazione professionale la quale, come accade per la professione dell’Agente sportivo, deve sempre essere connotata dall’intuitu personae che solo il rapporto con la persona fisica può garantire”.
Tali conclusioni risultano altresì utili al Giudice adìto per ribadire la conformità della disposizione regolamentare in esame pure con la normativa europea in materia di concorrenza, sul presupposto che “l’art. 19 comma secondo del Regolamento degli Agenti Sportivi del CONI, anche in ragione degli esposti rapporti con la normativa in tema di società fra professionisti e tra avvocati, è stata emanata in perfetta aderenza con i principi in tema di concorrenza e proprio al fine di garantire una prestazione connotata dal massimo grado di rappresentatività in capo alle persone fisiche all’interno del libero mercato”.
- Le F.A.Q. del CONI e i profili di responsabilità disciplinare
Stante l’aderenza ai temi fin qui affrontati (vincoli di composizione del capitale sociale), appare inoltre opportuno soffermarsi sugli ulteriori chiarimenti in materia di società di Procuratori Sportivi che emergono dalle risposte alle “F.A.Q.” pubblicate dallo stesso CONI sul proprio sito istituzionale.
Al riguardo, viene precisato il divieto di iscrivere nell’elenco delle società, costituite da Agenti Sportivi, quelle con azioni al portatore, “non essendo altrimenti possibile verificare l’effettiva e perdurante sussistenza del requisito della maggioranza assoluta del capitale sociale in capo ai soci Agenti sportivi” (F.A.Q. n. 8).
Dall’altro lato, in ragione della necessaria diretta riferibilità della partecipazione all’Agente persona fisica iscritto ai Registri Sportivi, si chiarisce che “non è sufficiente che il capitale sociale della società sia posseduto da una fiduciaria la cui maggioranza sia detenuta da un Agente sportivo” (F.A.Q. n. 18).
In conclusione, ritornando alla disciplina generale circa lo svolgimento dell’attività di Agente Sportivo per il tramite di una società e allo stretto legame che intercorre tra quest’ultima e i soci abilitati all’esercizio della professione su base personale, è opportuno sottolineare che – a norma dell’art. 20 comma 6 Regolamento CONI – è sancito che “Nel caso in cui l’Agente sportivo commetta un illecito sanzionabile … e sia legale rappresentante o socio di una società di cui all’art. 19: a) se l’illecito è commesso nell’esercizio dei poteri gestori della società, la sanzione pecuniaria è irrogata anche a quest’ultima, con vincolo di solidarietà passiva; b) la sospensione dell’Agente sportivo dall’esercizio dell’attività comporterà analoga impossibilità di agire per la società e per l’intera durata del provvedimento di sospensione”.
- Conclusioni
Alla luce di tutto quanto esposto, sembra potersi sostenere che la disciplina dell’esercizio dell’attività di Agente in forma societaria sia tra quelle in relazione alle quali il legislatore è maggiormente risuscito a combinare insieme, valorizzandole, le esigenze di una specifica “professionalità sportiva” con le più comuni “dinamiche commerciali”.
Da un lato, infatti, la scelta di riservare la sfera strettamente operativa della professione soltanto in favore di soggetti abilitatisi in ambito endosportivo è idonea a garantire – tanto agli utenti, quanto al sistema globalmente inteso – i dovuti requisiti di competenza tecnica.
Dall’altro lato, l’apertura ad apporti di capitali esterni e la riconducibilità dell’intera gamma dei diritti negoziali derivanti dalla prestazione tipica dell’Agente ad un ente giuridico che trascende l’ambito di competenza del singolo procuratore paiono in grado di agevolare gli investimenti nel settore e le sinergie tra i singoli professionisti.