Le ragioni per cui anche l’avvocato iscritto all’albo forense che intende agire come Procuratore sportivo è tenuto a rispettare la disciplina di cui al relativo Regolamento FIGC

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Il dibattito circa le modalità di svolgimento della professione di Procuratore da parte di un avvocato regolarmente iscritto ad apposito albo – problematica già sorta sotto la vigenza della vecchia normativa – si rinnova, per certi versi complicandosi ulteriormente, anche alla luce della nuova disciplina introdotta dal Regolamento FIGC del 2015.

La questione, in buona sostanza, attiene alla possibilità (o meno) per il legale di operare come agente, in virtù della propria abilitazione forense, senza tuttavia sottostare alle disposizioni fissate, in ambito sportivo, dalla competente Federazione calcistica.

Si tratta quindi di chiedersi se, per assistere calciatori e società nella tipica attività legata alla conclusione di contratti di trasferimento dell’atleta e/o di accordi di prestazione sportiva tra quest’ultimo e la rispettiva società, l’avvocato debba, da un lato, regolarmente iscriversi nel Registro Procuratori FIGC e, dall’altro, stipulare col proprio cliente un mandato che rispetti necessariamente le direttive di contenuto e di forma sancite all’uopo dal citato Regolamento.

La risposta a tali quesiti appare controversa.

Occorre premettere che, limitatamente a ciò che attiene al requisito dell’iscrizione, l’art. 5 della precedente normativa del 2011 dispensava espressamente l’avvocato (al pari dei parenti più prossimi del calciatore) da tale onere.

L’attuale disciplina – che, con l’abolizione del relativo esame di abilitazione, ha tuttavia sostituito l’allora “Albo” con un mero “Registro” – non si è, invece, in alcun modo premurata di intervenire sul punto.

IL PARERE DEL CNF – Per tali ragioni l’associazione “Avvocati Calcio” ha inoltrato al riguardo uno specifico quesito (n. 75 del 17/7/2015) al Consiglio Nazionale Forense (CNF), il cui conseguente parere è certamente degno di nota.

È convinzione del massimo Organo rappresentativo degli avvocati italiani che – non essendo l’attività di Procuratore sportivo riservata, in forza di una legge statale, a soggetti diversi da questi ultimi – “l’art. 2, comma 6, della legge professionale forense autorizzi senz’altro l’avvocato all’esercizio di detta attività a titolo di avvocato, senza necessità di iscrizione nel relativo registro tenuto dalla FIGC”.

Il parere in esame si spinge tuttavia oltre e, in aggiunta al principio di libertà professionale sancisce, in capo al legale, anche quello di libertà contrattuale.

Con riferimento allo specifico all’obbligo di utilizzare moduli contrattuali predisposti dalla FIGC”, sostiene infatti il CNF che “rientra nella competenza specifica e costituisce elemento tipico della qualificazione professionale dell’avvocato la predisposizione, a beneficio del cliente … di moduli contrattuali idonei a garantire la corretta articolazione del rapporto di prestazione professionale”.

Non solo. “Quanto, infine, alla configurabilità̀ in capo all’avvocato di un obbligo di deposito del mandato presso la FIGC [N.d.R. come sancito dall’art. 5,5 del Regolamento 2015]”, il CNF osserva che “tale obbligo non sussiste, posto che l’ordinamento vigente non lo prevede, né con fonti primarie, né con fonti secondarie”.

Su tali presupposti, l’avvocato – seguendo l’impostazione del CNF – potrebbe dunque operare come Procuratore, non solo senza doversi iscrivere al Registro e senza dover depositare i mandati conclusi con i propri assistiti, ma, addirittura, senza dover nemmeno sottostare ai limiti sostanziali sanciti dalla FIGC nel rapporto tra Procuratore e questi ultimi.

In termini pratici, volendo essere coerenti fino in fondo con la menzionata libertà professionale e contrattuale, si potrebbe pertanto arrivare ad ammettere la facoltà di un avvocato di sottoscrivere validamente un mandato anche con un calciatore dilettante, ovvero di prevedere una durata dell’incarico superiore a quella massima biennale prevista dalla FIFA e dalla FIGC o, ancora, di inserire nel mandato clausole di rinnovo tacito ed automatico dello stesso.

LE PRONUNCE DELLA CASSAZIONE – La Corte di Cassazione, più volte chiamata a pronunciarsi sul diritto del Procuratore avvocato a percepire il proprio compenso in forza di un mandato non conforme alle disposizioni FIGC, è però di tutt’altro avviso.

Aderendo ad una giurisprudenza univoca ed ormai consolidata, anche con l’ultima sentenza emessa sull’argomento in analisi (n. 18807/2015) la Suprema Corte ha infatti affermato che il legale “ancorché stipulante in qualità di avvocato libero professionista – è comunque tenuto a rispettare le norme federali su forma e contenuto del contratto intercorso con il calciatore professionista”.

Laddove ciò non avvenga, il relativo mandato dovrà pertanto considerarsi nullo ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1322 c.c., dal momento che “non può ritenersi idoneo, sotto il profilo della meritevolezza della tutela dell’interesse perseguito dai contraenti, un contratto posto in essere in frode alle regole dell’ordinamento sportivo e senza l’osservanza delle prescrizioni formali all’uopo richieste e, come tale, inidoneo ad attuare la sua funzione proprio in quell’ordinamento sportivo nel quale detta funzione deve esplicarsi”.

La Corte quindi ha, da un lato, confermato l’inquadramento della fattispecie nei termini del contratto atipico di assistenza in ambito sportivo (e non quale contratto di prestazione d’opera intellettuale) e, dall’altro lato, ha ribadito la circostanza per cui la censura non riguarda tanto la violazione di norme imperative (in relazione alla quale potrebbe altrimenti operare, almeno in linea astratta, la sostituzione automatica di clausole di cui all’art. 1419 cc), ma dipende, invece, da una insanabile incapacità funzionale di un tale mandato a realizzare gli scopi (di peculiare natura sportiva) in esso dedotti.

Per quanto la sentenza in analisi si riferisca ad un contratto di mandato sottoscritto sotto la vigenza della precedente disciplina – che imponeva per la valida costituzione del rapporto agente/assistito il tassativo utilizzo di formulari standard prestampati (c.d. moduli “blu”, “rossi” e “verdi”) – il principio enunciato risulta tuttavia impregiudicato anche a seguito della riforma del 2015, la quale si limita soltanto a indicare quale debba essere il contenuto minimo del c.d. “contratto di rappresentanza” lasciando alle parti la possibilità di integrazione dello stesso.

Nell’evidenziare le difformità invalidanti, la Cassazione, nel concreto caso sottopostole, non si è infatti arrestata alla sola mancata adozione dei moduli federali allora vigenti, ma ha altresì sottolineato: il mancato rispetto della durata massima biennale; la presenza di una clausola di rinnovo tacito; il mancato deposito del contratto presso la FIGC (tutte circostanze che costituiscono violazioni di precetti contemplati anche dall’attuale Regolamento sui servizi di Procuratore sportivo).

CONCLUSIONI – A fronte di quanto sopra, è dunque evidente che anche l’avvocato – per poter assistere calciatori e/o società in ambito sportivo senza rischiare che il relativo mandato venga dichiarato nullo – abbia un peculiare interesse (per non dire un vero e proprio obbligo) ad iscriversi al corrispondente Registro Procuratori e ad operare nel rispetto della disciplina dettata dalla FIGC.

Con particolare riguardo a detta iscrizione non è però mancato chi ha sostenuto l’esistenza di una sorta di “incompatibilità deontologica” relativamente all’eventuale appartenenza contestuale del legale all’albo forense ed al menzionato Registro.

L’osservazione non pare tuttavia condivisibile. Se è infatti vero che vige un divieto in capo all’avvocato di iscriversi ad altri albi professionali, è altrettanto indubbio che il “nuovo” Registro non assuma tale “dignità” dovendosi, diversamente, considerare come mero elenco con funzioni pressoché esclusivamente identificative.

A supporto di tale convinzione depone proprio il fatto che, come già sopra ricordato, la riforma del 2015 ha provveduto, allo stesso tempo, sia a sopprimere il precedente (vero e proprio) Albo Agenti, sia ad abolire l’esame di abilitazione che è rappresentava il presupposto indefettibile per la relativa iscrizione.

 

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